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L'editoriale di aprile

Una volta al mese, un consiglio di lettura scelto tra le riviste presenti in biblioteca

Non sprechiamo il “il pane quotidiano”
Si stima che venga perso o gettato via circa un terzo del cibo prodotto: è un’offesa al legame che unisce ciascuno di noi al pianeta, alle piante e agli animali.
 
Lo spreco alimentare è un’offesa al legame profondissimo che unisce ognuno di noi al pianeta, alle piante e agli animali. Significa che cumuli di cibo sono stati prodotti e trasportati a vuoto, solo per finire nel bidone, in spregio all’uso di suolo, all’impiego di acqua e alle emissioni di gas serra, quei gas responsabili dell’aumento progressivo delle temperature.
Spesso non si collega lo spreco al riscaldamento globale, come racconta in questo numero di BenEssere l’economista Andrea Segrè (a pagina78). Magari si comprende che comporti un danno economico, ma si trascurano altre conseguenze. Invece dobbiamo saperlo che l’impatto sull’ambiente del cibo prodotto e non consumato è enorme. Rappresenta una sorta di nazione fatta di brandelli e di polpa, uno Stato senza nome e senza dignità che si piazza al terzo posto per le emissioni di anidride carbonica, di metano e degli altri gas climalteranti, appena dopo gli Stati Uniti e la Cina.
I calcoli della Fao, L’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, fanno inorridire. In totale, si stima che un terzo di tutto il cibo prodotto per l’uomo venga perso lungo la filiera produttiva o sprecato nelle case. Stiamo parlando di circa la metà dell’intera produzione di verdura e di oltre il 20% di carne prodotta ogni anno, come se si allevassero inutilmente 75 milioni di mucche. Per i Paesi industrializzati, in cui a vincere sono tagli di filetto pregiati e pere senza un’ammaccatura, viene esclusa una quantità sconsiderata di alimenti prima di arrivare sul mercato, perché resterebbe invenduta. Chili e chili di frutta bitorzoluta e di ortaggi imprecisi finiscono negli inceneritori, con ulteriore dispendio di energia.
Si pretende che la mela sia tornita e lucente come nella fiaba di Biancaneve, ma le mele non vengono dal regno della fantasia. Sono come siamo noi, alcune ferite, altre acciaccate. E invece non si perdona il difetto, perché il compratore medio lo considera oggetti, non parte di un albero vivente. Il cibo non è merce. Nelle nostre case, uno degli alimenti che finisce più spesso nel bidone è il pane e la cosa fa ancora più specie perché si tratta del simbolo dell’umanità a tavola, il nutrimento degli Egizi e degli Ittiti, degli Ebrei e dei Romani, “il pane quotidiano” delle preghiere. Ogni italiano ne getta circa un chilo ogni anno (secondo l’ultimo report di Waste Watcher International Observatory on Food and Sustainability), quando basterebbe congelarlo recuperarlo come pangrattato, bruschetta, pappa al pomodoro. Il 7 aprile è la giornata mondiale della salute, il 22 della terra. Non sprecare il cibo è un impegno che ciascuno di noi può prendere per celebrarle.
 
Articolo di Eliana Liotta, Direttrice della rivista mensile "Benessere".